Giovani a rischio, operazione dietro le sbarre

Giovani a rischio, operazione dietro le sbarre

Giovani a rischio, operazione dietro le sbarre

Come tutor, un carcerato per ogni ragazzo in visita

Film documentario ispirato a un progetto USA di prevenzione per adolescenti , trasmesso da Cl-Crime Fox il venerdi pomeriggio

Si può diventare piccoli delinquenti per sport? Per noia? O per senso di trasgressione, per sentirsi “diversi” e importanti, per differenziarsi dalla massa, per sentirsi “in gamba” e farsi belli agli occhi dei coetanei? Per essere “fighi” nel gergo dei ragazzi. Ma fino a che punto si arriva per sentirsi fighi? Qual è il senso del limite che avverte un adolescente e chi è deputato a fornirgli regole e limiti e perché non viene ascoltato?

Spesso i genitori non sanno dare il giusto peso ai cambiamenti che vedono ogni giorno davanti ai loro occhi nei comportamenti del proprio figlio, nel suo aspetto all’improvviso diverso, negli amici che frequenta, forse non vogliono vedere, per non volersi rendere conto dei problemi, forse si sentono soli e incapaci di soluzione. I motivi sono tanti, ma le soluzioni richiedono un impegno, primo tra questi non lasciare isolate le famiglie e sole nel trovare una via d’uscita. In tal senso la trasmissione televisiva di Crime Fox ha portato sui nostri schermi un’esperienza che si è rivelata utilissima in Carolina del Sud, per convincere a retrocedere da certi comportamenti a rischio gruppi di adolescenti che stavano andando a finire male, e questo senza inutili sermoni e paternali che con gli adolescenti, si sa, non ottengono nulla.

Tra i comportamenti a rischio il fumo e non solo d sigaretta, cannabis in giovanissima età, l’eccesso di alcool o l’abuso di altre sostanze, l’apatia, l’ozio, il bigiare le lezioni per metà dell’anno, le minacce ai genitori, il tornare a casa a qualsiasi orario senza alcuna regola, l’incapacità di mantenersi puliti e di tenere in ordine la propria camera.

Tutto era uno sbuffo, una rispostaccia, uno sbattere la porta di casa, uno sfasciare mobili. Ma nelle interviste non sapevano motivare i loro comportamenti, i ragazzi generalmente dicono che “si sentono nervosi”.

I giovani protagonisti del filmato, erano provenienti sia dal ceto medio borghese che da quello più modesto, ma sempre o quasi da persone oneste e lavoratrici. Pochi coloro che provenivano da famiglie già problematiche o emarginate. Diversi di loro erano già arrivati ai furtarelli al supermercato, ai taccheggi, furti d’auto, piccole truffe. Situazioni che avevano già condotto alcuni di loro a essere conosciuti e schedati dalla polizia locale, altri non erano ancora mai stati presi.
Appunto, giovani a rischio: il rischio è spesso un forte stimolante per gli adolescenti, che si lasciano prendere dalla falsa sicurezza di sentirsi superiori agli altri, più furbi e scafati , pensando che “se mi è andata bene una volta, mi andrà bene anche le successive” . E cosi proseguono finché prima o poi verranno beccati. Ma allora sarà, con molta probabilità, troppo tardi per salvarli da una vita ai margini, fuori e dentro dai riformatori e poi dal carcere, caricandosi di reati sempre più gravi.
Questo il percorso che emerge dall’incontro- scontro dei ragazzi, dapprima con le guardie , poi e soprattutto coi prigionieri.

Il progetto , realizzato dai servizi social della Carolina del sud, è stato chiamato “Giovani a rischio – Operazione dietro le sbarre”, ed è costituito da una giornata che un gruppetto di 6-8 ragazzi e ragazze, dai 16 ai 20 anni “a rischio”,trascorre in carcere.

I punti chiave del progetto

1. La giornata non è una visita qualunque, ma una full immersion tra le mura del carcere, non solo accompagnati da vere e proprie guardie carcerarie, ma “trattati” dalle guardie allo stesso modo dei prigionieri, proprio come se lo fossero già. Non vengono lesinate parole pesanti, viene fatto uso dello stesso gergo degli adolescenti che i genitori al contrario si guardano bene dall’usare, preoccupati di continuare a dare il buon esempio, anche dopo aver perso le redini da un pezzo della vita del figlio.

2. Ai ragazzi non viene mai chiesto se gradiscono qualcosa o di esprimere una loro opinione, vengono dati semplicemente ordini, ai quali devono sottomettersi, volenti o no. Se rifiutano di obbedire, l’alternativa è il riformatorio. Come dire “se le regole non le hai volute imparare con le buone quando era il momento, questa è l’ultima occasione che hai”.
Il messaggio diretto è: sono finiti i confronti con cui pazientemente e con fare educato i tuoi genitori cercavano ancora di affrontarti come bravo figlio. Era evidente ai servizi sociali che, arrivato a quel punto, il ragazzo sarebbe stato perso comunque se non si fosse trovato uno stimolo-shock per stopparlo. E questo qualcuno non poteva essere nessun altro che non sapesse parlare il suo linguaggio dal di dentro: le guardie e i carcerati stessi.

3. L’effetto specchio: “Guardami – dice un prigioniero di 63 anni a un ragazzo poco convinto – ecco come sarai tu tra 20 anni se non cambi in fretta e come io rivedo me stesso 20 anni fa guardando te, buffoncello spavaldo” Ero entrato qui per scherzo per una bravata a 17 anni, poi rientratoci a 20 per un omicidio perpetrato in stato confusionale per eccesso di sostanze. E per quel fatto condannato a 999 anni. Mi sono rovinato la vita, ho ucciso una persona, capisci? e oggi che di anni ne ho 63, oltre che vivere con quel rimorso, ti dico che se esco domani non so nemmeno usare internet, non ho mai potuto avere né so usare un cellulare, dovrei chiedere aiuto perfino per mettere la benzina all’auto , perché quando sono entrato qui dentro 40 anni fa non esistevano i distributori automatici e non saprei riconoscere niente di cio’ che ho lasciato. Uscendo di qui, entrerei in un’epoca che non conosco, che non è la mia. Questa è l’essenza della mancanza di libertà, quella peggiore, oltre alla cella da condividere in 4, dove ci mangi, ci pisci e ci dormi e dove non ti dico cosa ti faranno la prima sera quando entrerai qui come un pivello.”

4. Nessun filtro nella comunicazione: appena entrati nel carcere, un poliziotto ordina senza mezzi termini di tirarsi su i pantaloni a un ragazzotto dal passo ciondolante e col “cavallo basso”. “Ma come? – si inalbera subito l’adolescente con tono provocatorio –a me piacciono cosi! La risposta della guardia è immediata “Tu stai zitto stronzetto, alzati quei jeans in modo decente, chi vuoi che voglia vedere le tue chiappe bianche, eh?” “ Ma io…..” la guardia ora urla :” le regole sono queste, stai zitto e ubbidisci, tira su di piu, di più, fino alla cintura, cosi ! Se no qui non entri, hai capito? – gli urla nelle orecchie. “te ne vai diretto in riformatorio
Nessuno sconto sul linguaggio,in quella giornata, le parole, gli ordini , le regole del carcere non vengono taciute e devono essere osservate. Non è una visita di piacere o all’acqua di rose.

5. In carcere si urla: una ragazza, entrata con espressione supponente, ne esce piangendo. Sperava , piangendo, di intenerire la poliziotta, la quale si era invece inviperita ancor di più e le urla si erano alzate di tono “Lei mi urla sempre, ogni cosa che mi dice urla…” Quando osa piagnucolare, viene investita di parole dalla donna che le urla ancora di più, “finche- afferma – ti togli dalla faccia quell’espressione da sbruffona. Io urlo e tu piantala di frignare, ragazzetta sballata .

6. I tempi del carcere, non puoi avere i tuoi tempi: ogni spazio e ogni momento della giornata ha le sue regole e se alcune di queste non hanno una logica, non si possono discutere, ma si devono accettare per come sono.
A mezzogiorno i ragazzi vengono portati a condividere la mensa coi carcerati: ben lontano dal momento di relax ipotizzato dai visitatori, in carcere aleggia sempre la tensione , aperta o sotterranea. Un carcerato spiega ai ragazzi che hanno solo 6 minuti per mangiare, e se capiti in coda nella fila non ce la fai a finire e talvolta nemmeno a incominciare e allora salti il pranzo. Ti toccherà aspettare la cena e metterti più avanti nella fila”.

7. Assurdità? Certo, il carcere è fatto anche di assurdità, ma non si possono mettere in discussione. Questo è il punto.
I ragazzi si siedono, uno storce la bocca, non apprezza il menu’ . Un altro carcerato, incaricato del giro urla in faccia al ragazzino: “Cosa ti credi di essere al Ritz? Di poter scegliere il menù? Non vuoi mangiare? prima o poi qui dentro sarai a costretto a mangiare, perché non ti daranno altro e vedrai quando la fame ti morderà lo stomaco, come ti sembrerà buona questa roba ! vedrai – conclude – se finisci qui dentro …”
Il ragazzino strabuzza gli occhi, stupefatto, starà pensando alle prelibatezze che gli fa trovare sua madre ogni giorno e davanti alle quali lui fa ancora i capricci a 18 anni…tanto per rompere le scatole a sua madre, cosi gratuitamente…perchè è annoiato…, seccato, perché si fa prima ad avercela coi genitori che combattere davvero la società al di fuori….” Pare improvvisamente che la realtà gli stia dando lo schiaffo provvidenziale.

Prima di terminare la visita-shock, si passa anche per le celle di pochi metri quadrati, si mostra che si vive, si mangia, si dorme, si piscia e ci si lava in due metri per due in 3 – 4 persone. Che se non si tiene pulito quello spazio, si riduce in un putridume dal lezzo invivibile. Si fa il giro per il cortile, negli spazi per l’ora d’aria e della ginnastica, dentro a gabbie che sembrano canili – come spiega la poliziotta. E ha ragione. Sono dei canili. Arrivati a questo stadio del giro, i ragazzi e le ragazze si sono ridimensionati di molto, gli atteggiamenti sono cambiati, le espressioni sui loro visi rasentano la normalità, la paura e la preoccupazione, l’aria strafottente è stata rimossa.. Assomigliano di più a persone, non a ragazzini sciocchi, cui i genitori si preoccupano di stendere i tappetini rossi.

8. A colloquio individuale: viene assegnato un tutor/carcerato per ogni ragazzo. Questo appare un passaggio molto importante, sia perché a fine giornata i ragazzi sembrano avere più interesse ad ascoltare e a mettersi in discussione. Il prigioniero “ anziano” , ampiamente e un po’ rabbiosamente pentito, ribadisce al ragazzo di quanto gli ricordi la sua giovinezza perduta per qualche stupidaggine, la sua ostinazione a pensare di farla sempre franca, mentre nel frattempo si aggravavano i suoi reati, da cose di poco conto a danni non solo a cose ma a persone, il tutto spesso corredato dal costante uso di sostanze eccitanti in eccesso. E cosi il ragazzo si rispecchia nel carcerato a vita o quasi e finalmente sembra prendere coscienza. Il suo tutor gli chiede quali progetti abbia in mente e questi progetti ora vengono fuori, mentre prima erano nascosti nella nebbia dell’irresponsabilità.

9. Il prigioniero fa ammenda di fronte al ragazzo dei suoi errori commessi con troppa leggerezza e gli spiega quanto vorrebbe ora tornare indietro e trovarsi al suo posto per rifare tutta la sua vita in un modo diverso. Poi gli ricorda che lui è ancora in tempo, perché non la si fa sempre franca, prima o poi ti beccano e si finisce qui e dopo sarà troppo tardi per rimedare. Il ragazzino termina con l’elenco di quel che farà a partire dall’indomani, subito, senza por tempo in mezzo. Sembra davvero convinto.

10. I ragazzi, dopo il colloquio personale col tutor, vengono condotti all’uscita dai loro accompagnatori, che hanno abbassato i toni e li salutano quasi con affetto, chiedendo di ricordarsi di quello che hanno visto, ogni volta che saranno tentati di fare qualche idiozia.

11. I servizi sociali informano i telespettatori che questo progetto di prevenzione sembra stia funzionando, perché ha abbassato notevolmente la statistica dei giovani delinquenti. Intendono perciò portarlo avanti nei prossimi anni.

Spunti di riflessione

Tanti problemi racchiusi in uno, grande e ancora irrisolto in tutte le società occidentalizzate, dove passare dall’infanzia all’adolescenza e poi transitare indenni alla vita adulta non è cosi facile allo stesso modo per tutti. Dipende da tante variabili: la famiglia in cui si è nati e si vive, la sicurezza sociale ed economica, la capacità dei genitori e degli insegnanti di rapportarsi in modo proficuo con i ragazzi, la capacità degli stessi di trovare obiettivi entusiasmanti per guardare verso il proprio futuro e aver voglia di investirci tempo e interessi, la qualità degli interessi, la presenza sul territorio di centri di aggregazione giovanile al di là delle parrocchie, che alla fine restano le sole realtà tangibili, per lo meno in Italia. Per non parlare del grado di equilibrio che i genitori riescono a mantenere con un adolescente in crisi, spesso spaventati perché non sanno che pesci prendere.
Certamente si può diventare delinquenti in erba senza quasi accorgersene, si tratta di un fenomeno in aumento non solo in USA. Questo progetto originale della Carolina del sud fatto conoscere da Crime Fox potrebbe diventare un motivo di riflessione anche per l’Europa e l’Italia ,un progetto da esportare e prendere ad esempio se pure con qualche eventuale modifica.

E i fondi? Pare già di udire dalle nostre parti la risposta ormai ripetitiva “ non ci sono soldi per queste cose”. Ma siamo consapevoli che l’adolescenza è una delle età più difficili di passaggio dell’esistenza? oggi per altro protratta alla post-adolescenza per le problematiche socio lavorative che creano ulteriori difficoltà ai giovani. La vita dell’adolescente può arrivare davvero sul filo del rasoio, e lo è più spesso di quanto non pensiamo, basta che ci guardiamo intorno e vediamo piccole delinquenze in ogni angolo di strada, solo che forse ci stiamo …abituando? Ci si potrà mai “abituare”, a cosa? Al disagio sociale? All’insicurezza? Ad avere paura? dove sta il limite tra legalità e rischio, se si è ridotto ai minimi termini…
E poi si ascoltano i commenti a posteriori: sembrava un ragazzo normale, a posto, una famiglia come tante…andava a scuola, si…più o meno. Ma cosa faceva? Dove andava? Come attraversava le ore del giorno e della notte, con quali persone, a fare cosa e perché? Quali obiettivi aveva? Se ne aveva. E se non ne aveva, perché?

Informazioni su Paola Federici

Paola Federici è psicologa psicoterapeuta, scrittrice e giornalista. Ha fondato  il Centro Psicologico di Binasco (Milano). Riceve sia nello studio di Milano che in quello  di Binasco.  Ha scritto libri di psicologia divulgativa per tutti: "I bambini non ve lo diranno mai ma i loro disegni si"; "Il tuo bambino lo dice con i colori"; "Mi disegni un albero?"; "Gli adulti di fronte ai disegni dei bambini", “Lo stress del terzo millennio ( Ed. Franco Angeli). Ha collaborato con quotidiani e riviste nazionali Mondadori e Rizzoli (Donna Moderna, Confidenze, Donna Informa, Insieme, il Giorno, Il Resto del Carlino e altri). E’ stata per anni Direttore responsabile del mensile “La Tua Zona sud Milano). Per contatti, richieste di articoli  e appuntamenti scrivere a paolafedera@gmail.com
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