Lo scorso 29 novembre usciva in libreria Splendore, l’ultimo romanzo di Margaret Mazzantini, edito da Mondadori. L’autrice, ospite sabato sera a Che tempo che fa, ne parla con Fazio e svela al pubblico i modi, i tempi e i luoghi in cui nascono i suoi romanzi.
Mamma di quattro figli e moglie di Sergio Castellitto – con cui ha spesso collaborato per la trasposizione cinematografica di alcuni suoi romanzi: celebre il caso di Non ti muovere, Premio Strega 2002, da cui è stata tratta la sceneggiatura dell’omonimo film uscito nel 2004 – Margaret ha un modo tutto suo per trovare la concentrazione necessaria alla scrittura: uno «sdoppiamento», come lo definisce lei stessa. Ogni suo romanzo, infatti, viene ‘generato’ in uno spazio fuori casa, diverso per ogni libro: «affitto sempre un piccolo studiolo» dice la Mazzantini «spesso contaminato» dalla presenza di qualcuno della famiglia che bussa alla porta. Ma non è certo un dispiacere.
D’altra parte, però, per la scrittrice poter avere a disposizione un «luogo vergine» è fondamentale per riuscire praticare la propria professione nel modo più sereno e produttivo.
L’amore è il tema centrale di Splendore, e nello specifico, l’amore omosessuale tra Guido e Costantino: «quando scrivo non parto mai da una tesi, non voglio mai restituire un significato, in realtà voglio sentirmi libera: io scrivo romanzi», questa la motivazione della scelta tematica, senza nessuna retorica, senza nessuna morale: «è una storia umana, un amore che attraversa un’intera esistenza. Per me non sarebbe stato così diverso scriverlo tra due donne, tra due uomini o per una coppia eterosessuale».
I due protagonisti sono due antieroi (come molti dei personaggi dei romanzi della Mazzantini), provenienti da due classi sociali differenti: uno figlio di un portiere, l’altro figlio di un medico, e lo splendore che dà il titolo al romanzo è proprio quello dell’amore, quella rincorsa affannosa di momenti di splendore che solo un grande amore riesce a realizzare.
La scrittrice parla del suo lavoro e delle scelte narrative dei suoi romanzi in modo limpido e insieme suggestivo: «lo scrittore è un po’ come un sismologo, è qualcuno che intercetta i sussulti terresti…e poi come scrittrice io sono poco egoriferita, a me interessa l’altro da me, per questo nei miei libri cambio sempre». Una dichiarazione di poetica, in un certo senso.
Per la Mazzantini la scrittura è un’avventura personale, prima che dei personaggi; da cui la tendenza a scrivere in prima persona, quasi come se l’autrice stessa volesse vivere la storia ignota dei suoi personaggi. Ignota perché Margaret non decide mai a priori come debba svilupparsi e finire una storia: «io non sono una scrittrice che fa scalette, che organizza il proprio lavoro».
Un mestiere inizialmente rifiutato «mio padre ha scritto per quarant’anni lo stesso romanzo», ma che poi è venuto fuori da sé come una grande gioia ed è stato vissuto come un gioco, un momento ludico e artigianale «a me piace sempre sentirmi come uno scultore che inizia a menare i primi colpi…e poi viene fuori dal quel blocco di legno un essere animato che farà la sua vita» attraverso gli occhi dei lettori. E chissà che qualcuno non trovi il ‘suo Splendore’ sotto l’albero.