Venti di Guerra sulla Siria

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La guerra civile in Siria vede schierate le forze governative da una parte e quelle dell’opposizione dall’altra, riunite nella “Coalizione nazionale siriana”.
In un contesto più ampio, la coalizione fa riferimento alla “Primavera Araba”, che mosse i suoi primi passi in Tunisia.

Una guerra che ha visto sinora la morte di almeno 100.000 persone (di cui 10.000 circa militari), secondo i dati forniti dagli ispettori delle Nazioni Unite, con l’uso recente peraltro da parte delle forze governative di sostanze chimiche.

Gli Stati Uniti, immediatamente seguiti da Gran Bretagna e Francia, hanno minacciato un attacco aereo o missilistico che dovrebbe colpire l’esercito siriano responsabile del lancio di ordigni che avrebbero (il condizionale per ora è d’obbligo) ucciso migliaia di inermi cittadini siriani, colpevoli di aderire al cosiddetto “ gruppo terroristico armato”.

In buona sostanza, dal 2011 a oggi migliaia di civili e soldati disertori hanno trasformato la loro lotta contro il presidente siriano Bashar al-Assad, da semplice protesta nelle piazze delle principali città, a veri e propri combattimenti contro i militari lealisti e sostenitori del governo sciita della famiglia al-Assad.

Occorre però cercare di comprendere le ragioni storiche, politiche e religiose che stanno alla base di un conflitto che vede, il mondo arabo moderato, da una parte, e l’Islam fondamentalista, dall’altro. É necessario ricordare che l’islamismo, da sempre diviso tra sciiti e sunniti, per non citare gli ibaditi, minoranza presente soprattutto nel Qatar, è in lotta per la supremazia di principi religiosi e per il controllo del mondo islamico, che potrebbe sfociare in una “Jihad”, o guerra santa contro i nemici della fede, cristiani ed ebrei, qualora a prevalere fossero le istanze del fondamentalismo islamico.

Tuttavia, si deve anche considerare che esistono una cultura ed una politica più moderata, che è quella attuata dall’Arabia Saudita e dagli altri principati della penisola Arabica, i quali sono stanchi di doversi confrontare con le istanze retrograde del fondamentalismo islamico, anche quando quest’ultimo si cela nei panni di movimenti che fanno riferimento alla “Primavera Araba”, dei “Fratelli musulmani, i quali auspicano la nascita e la diffusione di stati moderatamente islamizzati o teocratici (se si prendono come punto di riferimento l’Iran o l’Afghanistan).

Il presidente Bashar al-Assad, la cui famiglia è di discendenza alauite (una propaggine dell’Islam sciita), grande alleato dell’Iran (il primo tra gli stati sciiti di cultura araba) governa una popolazione che è sunnita (che comprende l’88% dei cittadini siriani) e nemico storico di Israele, attualmente gode dell’appoggio dichiarato ed incondizionato di Russia, Cina, Iraq e, appunto, Iran.
Il leader sa bene che le conseguenze, all’indomani di un minacciato bombardamento da parte degli USA, con i suoi sostenitori francesi ed inglesi, potrebbe innescarsi un effetto domino che in breve darebbe fuoco a quella grande polveriera che è il Medio Oriente.

E questo non solo per l’attacco americano senza il previsto “Nulla Osta” del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ancorché preannunciato con largo anticipo, onde consentire alle diplomazie internazionali di continuare a lavorare dietro le quinte, al fine di trovare nuove soluzioni che consentano di uscire dal pantano della crisi, ciascuno con le proprie ragioni. Nel frattempo è verosimile pensare che la posizione granitica assunta dalla Russia, alleato storico della Siria (sin da quando cioè esisteva l’Unione Sovietica) potrebbe ammorbidirsi grazie all’intervento dell’Arabia Saudita che starebbe vendendo a basso costo grossissime quantità di greggio, al fine di consentire all’ONU, libero dai veti di Russia e Cina, di intraprendere tutte le iniziative diplomatiche.

Una serie di risoluzioni per dare agli Stati della coalizione occidentale maggiore spazio di manovra, quando non di intervento diretto sulla Siria, al fine di proteggere efficacemente Israele.

Il Ministro degli Esteri Emma Bonino ha doverosamente ricordato a tutti gli attori principali della crisi in atto, quanto sia complessa e pericolosa la situazione in Siria, compresa la possibilità che anche altre potenze possano decidere di intervenire. Solo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU potrà e dovrà assumersi la responsabilità di un intervento. Parole che stanno a significare, con assoluta chiarezza (cosa alquanto rara nella politica internazionale) che l’Italia, per ora, di sicuro non prenderà parte alla campagna di guerra preannunciata da Obama .
La Bonino ha aggiunto:”Anche se ci fosse il via libera dell’ONU, la partecipazione dell’Italia all’intervento non sarebbe automatica, ma si aprirebbe un serio dibattito in Parlamento”.

Ad ogni buon conto, la Casa Bianca, secondo il Washington Post, già domani potrebbe rendere noto il rapporto dell’Intelligence americana, che dimostrerebbe l’uso delle armi chimiche da parte del regime di Damasco.

Una cosa tuttavia è certa, questo clima di tensione non favorisce gli affari né l’andamento dei mercati: in ribasso in tutti gli stati europei e americani. Il petrolio ha raggiunto i massimi valori registrati da due anni ad oggi: 112,24 dollari al barile.

Una boccata d’aria “inquinata”, che certamente non ci aiuta ad uscire dalla crisi sistemica che sta interessando tutti i paesi industrializzati e che potrebbe avvelenarsi ancor di più, grazie ai “Venti di Guerra” che spirano, ancora una volta dal Medio Oriente.

Informazioni su Faber

Nato e cresciuto a Milano. Dopo un breve periodo trascorso in Sicilia nella provincia siracusana ha conseguito il diploma di ragioniere e perito commercialista, per poi lavorare per il Ministero della Difesa. Da un anno si è trasferito a Palermo dove si occupa di assistenza per il personale civile e militare, dipendente dal Ministero della Difesa. Per alcuni anni a Torino e in Piemonte, sempre per conto del Ministero, si è occupato del settore pubbliche relazioni. Nell'anno accademico 2009/2010 ha conseguito una laurea di primo livello in Scienze dell'Amministrazione presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Siena. Ha sempre nutrito un forte interesse per la storia europea in particolare, soprattutto sotto il profilo politico-economico e sociale.
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