Dalle spose bambine indiane deturpate dall’acido a quelle iraniane e afghane condannate a morte

Confessione Reporter

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Il mondo al confine con l’occidente è ancora medioevo per la donna, ogni domenica a “Confessione Reporter “ su Italia Uno alle 23,35. Di Paola Federici Ribellarsi ai mariti persecutori, o anche solo rifiutare un pretendente o l’uomo che la famiglia ha imposto come sposo, puo’ costare la vita in India come in Iran o in Afghanistan e in altri Paesi che non meritano l’appellativo di “civili”, perché la legge non difende la metà del mondo, quella femminile. Ufficialmente le donne sembrano avere diritti, se mai esistono, solo sulla carta perchè nella realtà sono negati.

Confessione Reporter, il programma di Italia Uno ormai alla sua quarta edizione, condotto e ideato dalla brava Stella Pende, insieme a Sandra Magliani, ha scelto un argomento scottante come filo conduttore delle puntate di quest’anno, la violenza sulle donne. Violenze di qualsiasi genere, che fanno pensare a un medioevo ancora vivo, purtroppo, per milioni di vittime nel mondo. Le spose bambine deturpate dall’acido Violenze per le spose bambine, date in pasto a uomini che hanno il diritto di picchiarle e violentarle, merce di loro proprietà. Violenze per le bambine schiave domestiche, violenze sessuali “autorizzate” in Guatemala,  un fenomeno ormai fuori controllo – 48.000 le adolescenti con gravidanze frutto di violenze ogni anno, sono le statistiche rivelate nel programma. Ragazze in  alcuni Paesi violentate due volte, la prima perché subiscono la violenze sessuale, la seconda se osano  chiedere aiuto alla polizia, vengono minacciate o talvolta picchiate dai poliziotti per convincerle a non denunciare. Le donne come merce di scambio sono una realtà del medioevo attuale, le donne oppresse e calpestate nei loro diritti primari di sentirsi persone, ragazzine bambine deturpate per sempre dall’acido per aver rifiutato un uomo: cosa c’è di diverso dai secoli bui che condannavano le streghe ? le streghe erano quasi sempre donne colte,  spesso donne medico o farmaciste,  più colte di quegli uomini che le condannavano perché le temevano. “A 15 anni , racconta E. indiana, l’acido si mangiò la mia pelle, con inaudibili sofferenze ho affrontato i molti interventi chirurgici per recuperare un aspetto presentabile, ma ho voluto vivere e subire altro dolore per non sentirmi un mostro”. Adesso sono amata da un uomo buono e sensibile – aggiunge – ma chi mi ha fatto questo deve pagare per la vita e per tutti gli anni che mi ha rubato”. Chi l’aveva ridotta cosi era l’uomo che E. si era permessa di rifiutare. E come far pagare l’aguzzino se si è trattato della propria madre? “Mia madre – spiega F. anch’essa indiana – non voleva che io sposassi l’uomo che amavo, dovevo fare un matrimonio combinato dalla famiglia. Ma io mi rifiutai. E una notte, mentre dormivo, sentii all’improvviso un gran freddo sulla faccia e poi un insopportabile dolore…lei , mia madre, al mio fianco sogghignava. Era stata lei a gettarmi l’acido sul viso , lei mi aveva rovinata , per punirmi….” Per un mese F. non riuscì a mangiare nulla “la mia bocca era chiusa, ingoiata dall’acido, il mento attaccato alo sterno, finchè non ho fatto il primo dei tanti interventi…” I violentatori sessuali lasciati impuniti A 16 anni  S. che vive  in una grande città dell’ India, viene violentata in autobus davanti a tutti. Nessuno  delle decine di passeggeri presenti, ferma quello  sconosciuto, nessuno interviene in difesa della poverina. Lei corre dalla polizia, per sporgere denuncia, ma oltre il danno l’aspetta la beffa. Non viene creduta e si trova a essere malmenata dagli stessi tutori dell’ordine, che la cacciano, trattandola da bugiarda visionaria. “Noi viviamo nel terrore, sempre – conclude la sedicenne” .  Per “noi” intende il pianeta femminile in India. Ma c’è bisogno di andare all’altro capo del mondo per ricordare i nostri recenti trascorsi? quando da vittime si veniva trattate da carnefici? quando le donne temevano di andare nei tribunali perché si sentivano trattate da criminali? Ci sono volute donne come l’avvocata Bernardini De Pace per cominciare a fare un salto di qualità e non parliamo di molti anni addietro. Nel corso di una delle puntate la domanda fatidica “Quale potrebbe essere la soluzione?”  viene posta, tra gli altri, a un immigrato presumibilmente indiano, per l’aspetto e per un turbante che porta in testa. Con molta umiltà,  risponde: “La soluzione sta nell’educazione dei maschi, i motivi sono sociali e culturali”. La voce alle donne Stella Penda fa parlare in “Confessione reporter” le dirette interessate, dà voce alle donne una puntata dopo l’altra, una violenza dopo l’altra. E che dire dell’infanticidio programmato perpetrato a danno delle neonate, le chiamano gli angeli/femmina, quelle neonate o quelle mai nate, solo per la colpa di essere di sesso femminile. Siamo sempre nell’India più povera e retriva.  Le convinzioni culturali hanno a che vedere con le cause, certamente, ma ci sono anche motivazioni sociali. Per esempio anche in Cina fino a non molti anni fa, la famiglia col figlio unico era premiata con assegni familiari e altre facilitazioni. Non si può d’altro canto negare anche una motivazione di origine culturale: era la convinzione radicata storicamente che in una famiglia doveva esserci almeno un figlio maschio a spingere a fare in modo  che quell’unico figlio consentito dovesse essere per forza un maschio. Se nasceva una femmina veniva praticato un infanticidio  – soprattutto nelle campagne più povere – e questo anche più  volte finchè non si procreava finalmente un figlio di sesso maschile. L’alternativa più recente, quando fu possibile conoscere il sesso del neonato molto prima della nascita, è stato l’aborto degli embrioni femmine. Ecco la ragione per cui oggi la Cina ha una sola donna per sette uomini. Dati statistici allarmanti Matteo Levi, country representative del CIAI (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia) ha spiegato in una recente intervista  rilasciata a Marco Ardemagni per Radio 2 che nel contesto indiano mancano all’appello milioni di bambine per ragioni legate alla preferenza data al figlio maschio, a pratiche d’aborto selettivo, infanticidio e negligenza nella cura delle bambine 0-6 anni. Nel 2002 è stato stimato che il 6.4% delle gravidanze con un feto femminile siano abortite portando ad una perdita di circa 106.000 bimbine all’anno in India; nel 2010 altri studi denunciavano l’aborto fino a 600.000 feti femmine all’anno. Ad oggi sono stimate mancare fino a 7.1 milioni di bambine nella fascia d’età 0-6 anni in India secondo il Centre for Global Health. Su questo tema CIAI lavora in India dagli anni ’90. Oggi in Iran una ragazza ex sposa bambina aspetta di sapere se sarà condannata all’impiccagione Se accadrà a Razieh, iraniana, come a Delara Darabi, condannata a morte a 24 anni per aver ucciso il marito da cui subiva da anni le percosse e i maltrattamenti, non ci sarà speranza per la ex sposa bambina, oggi 21 enne, sposa forzata a 14, madre a 15, assassina per disperazione a 17. Per salvarla si sono mobilitate molte organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra cui «Human Rights Watch» e «Amnesty International», ma la donna potrebbe essere impiccata questa settimana. Cosi come era stata impiccata a 23 anni Delara. Razieh è stata data in sposa per volere del padre a un vicino di casa che faceva l’insegnante. Per tre anni – ha raccontato la donna – l’ha picchiata e insultata, finché una sera dopo l’ennesimo litigio seguito dalle consuete botte, lei ha deciso di reagire. Non è poi tanto difficile pensare alla disperazione di una ragazzina 17 enne, che sa di non poter chiedere aiuto a nessuno: la legge non la difende, perché anche se una moglie viene picchiata per anni, la ragione viene data sempre al marito e lei rimandata a casa e trattata peggio. La famiglia non la rivuole certo indietro, una volta data in sposa  ancora bambina, unicamente per motivi economici, non si riprenderà la merce indietro. Inoltre in Paesi come Iran e Afghanistan il divorzio è sì consentito sulla carta, ma è l’uomo ad avere tutti i diritti: al padre va l’affidamento dei figli, senza alcuna deroga, a lui l’eventuale patrimonio della moglie, che rimane quindi sprovvista di ogni mezzo di sostentamento, non le viene restituita memmeno la dote. La casa rimane al marito. Quindi la ex moglie si troverebbe sulla strada. Non dimentichiamo che in Afghanistan, ma anche in altri Paesi integralisti, alla donna è consentito lavorare solo col permesso del marito (e prima del padre) perciò il cappio della corda si chiude su di lei col matrimonio. E’ raro che alla donna sia consentita un’attività propria.  Molte scuole femminili  sono state chiuse con l’avvento dei talebani e molte docenti laureate sono rimaste senza impiego, relegate tra le mura di casa. Spesso le spose bambine restano analfabete o quasi, perché la loro educazione scolastica, se anche fosse iniziata, si blocca col matrimonio, perché viene “acquistata” per le faccende domestiche e per procreare molti figli al marito.  La socialità delle spose bambine è quindi pressoché nulla,  prive di quell’autonomia necessaria per consentire loro di crearsi una socialità individuale. Per le spose bambine non c’è speranza se non quella di sperare in un marito buono e sufficientemente sensibile. Un po’ labile come sicurezza per un futuro. Razieh è stata venduta, sfruttata, usata e maltrattata.  Infine denunciata proprio dal suo stesso padre che l’aveva venduta. Poi incarcerata e ora condannata per aver ucciso il marito nel sonno. Ci si chiede, in effetti, cosa altro avrebbe potuto fare per porre fine al suo calvario.  In questi giorni sono usciti molti articoli sulla sua vicenda, ma cio’ che allarma sono i commenti di un certo numero di lettori (italiani) allarmanti quanto a ignoranza e a insensibilità. Non è ammesso, a mio parere, valutare una condizione come quella in cui si trovava Razieh e le centinaia come lei, con lo stesso metro con cui si valutano le condizioni della società italiana ed europea. La ragazza ha fatto già tanto a riuscire a mantenere uno stato psichico sufficientemente equilibrato per anni, a far crescere  un bambino e accudirlo a soli 15 anni, mentre era trattata come bestia da soma ogni giorno. Non avrebbe potuto continuare a vita, ha ascoltato la sua volontà di sopravvivenza. Il tribunale iraniano non avrà molta intenzione di valutare lo stato psicologico della giovane, ma ci si augura che gli Organismi internazionali questa volta riescano a salvare la vita a una donna innocente. Hanno parlato di “eccesso di legittima difesa”, il marito aveva 20 più di lei, la massacrava di botte, come avrebbe dovuto “calibrare” la difesa? Perché il colpevole è chi l’ha maltrattata e resa schiava per anni. Razieh si è solo difesa, col diritto di essere riconosciuta come persona. Per saperne di più: Tra le letture consigliate. “Il libraio di Kabul” di Asne Seierstad (BUR) Tra i film consigliati “La bicicletta verde”  del 2012 scritto e diretto da Haifaa Al-Mansour (Arabia Saudita) I commenti più curiosi dal web  …..Chissà cosa c’è di vero in questa storia ….la gente si scandalizza per questi misfatti tipicamente musulmani pero’ accetta che loro ne arrivino a caterve qui in Italia. …per trovare qualcosa di simile, nel mondo occidentale, bisogna risalire al Medioevo, però anche allora si dava una scelta o obbedire al dictat del matrimonio obbligato… o ritirarsi in un convento.. Ma si parla di oltre mille anni fa Medioevo? Ma studiati la storia… I matrimoni obbligati ci sono stati specialmente in Italia, fino ad almeno pochi decenni fa… La nonna di una delle mie amiche conobbe il marito il giorno delle nozze…. …. Ma non dica sciocchezze! Ho 63 anni ed un’origine siciliana, quindi so a cosa allude, ma non esistono e non esistevano situazioni paragonabili! Non capisco proprio questa smania di salvaguardare le usanze di un popolo ostinatamente indietro di almeno un millennio rispetto a qualunque civiltà moderna.. …saranno anche fermi al 600….ma si stanno insediando anche qui, dove ci siamo, bene o male, evoluti e allora cosa facciamo?  …inizierei a condannare i parenti che hanno dato una bambina in sposa, per arrivare poi al marito. Questa ragazza doveva morire per le botte che riceveva?

Informazioni su Paola Federici

Paola Federici è psicologa psicoterapeuta, scrittrice e giornalista. Ha fondato  il Centro Psicologico di Binasco (Milano). Riceve sia nello studio di Milano che in quello  di Binasco.  Ha scritto libri di psicologia divulgativa per tutti: "I bambini non ve lo diranno mai ma i loro disegni si"; "Il tuo bambino lo dice con i colori"; "Mi disegni un albero?"; "Gli adulti di fronte ai disegni dei bambini", “Lo stress del terzo millennio ( Ed. Franco Angeli). Ha collaborato con quotidiani e riviste nazionali Mondadori e Rizzoli (Donna Moderna, Confidenze, Donna Informa, Insieme, il Giorno, Il Resto del Carlino e altri). E’ stata per anni Direttore responsabile del mensile “La Tua Zona sud Milano). Per contatti, richieste di articoli  e appuntamenti scrivere a paolafedera@gmail.com
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