La Vanoni canta, recita, balla (traballa), ricorda e racconta

Ornella Vanoni

Ornella Vanoni

Avvolta in un anonimo impermeabile entra furiosa sul palco imprecando contro un ipotetico impresario fuggito in Brasile ed incalza: “Ma dov’è la scenografia, dove sono i miei musicisti e i miei tecnici, son scappati tutti?!” Il fondale si anima ed appare una casa di ringhiera fatiscente e una luminaria sghemba scrive “Ornella Vanoni”, manco a dirlo, la scritta al neon va in corto circuito, tutto è precario…”Boh, allora già che siete qui vi canto ‘L’appuntamento’, tanto me lo chiedono sempre, però così senza supporto musicale…!” Ma ecco che arriva la sua band al completo, Ornella si toglie il trench, abbassa un attimo lo scollo dell’abito per far sbirciare la spalla, si toglie le scarpe, si accoccola maliziosamente sul divano e la sua voce calda dal personalissimo timbro esplode con ‘Musica, musica’. Esplosione di temperamento, di classe, di sensualità, di ritmo sofisticato.

Siamo solo all’inizio, segue il dialogo con la luna il cui faccione ammicca dalla scena, poi la memoria del padre, eroe della sua infanzia sempre ricercato in ogni uomo e ritrovato, forse, fantasticando su Corto Maltese, l’emblematico personaggio del disegnatore e romanziere Hugo Pratt, suo grande amore idealizzato e perduto. Sì, perché è proprio l’amore il leit motiv dell’articolata performance milanese al Teatro Dal Verme del 7 aprile. Battute , monologhi, accenni di passi “per la verità non ballo , ma traballo…” e ricordi hanno sempre cucito insieme le sue canzoni e, una dopo l’altra, snodano così il racconto di sessant’anni di musica e palcoscenico. Come pure la sua visione della vita, dei sentimenti e della imprescindibile arte della seduzione. Con la solita sincera e disarmante ironia ci fa entrare nella storia, cultura di un’epoca. A cominciare dal tormentato incontro con Strehler che di fatto ha forgiato la sua prima impronta da artista, per continuare con il rapporto altrettanto sofferto con Paoli, lasciato definitivamente dopo un confronto con la moglie di lui. Tutto narrato sulla scena di “ Un filo di trucco, un filo di tacco”. Lo spettacolo prende difatti il nome da un ammonimento, sempre disobbedito, che la mamma, molto borghese, le ripeteva fino allo sfinimento prima di uscire: “ sento che me lo dice anche oggi che non c’è più”.

Le canzoni sono quelle nuove dall’album “Meticci”, insieme a vecchi successi, classici e cover raffinati che scivolano via uno dopo l’altro con arguzia e incantamento. Suonano Eduardo Hebling (basso e contrabbasso), Paolo Vianello (pianoforte e tastiere), Placido Salomone (chitarra) e Eric Cisbani (batteria e percussioni).
Da “Tristezza” a “Una ragione di più” a “ Mi sono innamorata di te”, da “Che cosa c’è” a “Io mi fermo qui” ad “Albergo a ore”, fino a dare prova di una incredibile estensione di voce nel brano finale “Eternità”. L’ex timidissima ragazza sa dialogare con il pubblico, sa far sorridere, commuovere, coinvolgere, con tanta generosità. Fa le fusa come una gattina e poi è graffiante come una tigre ed è se’ stessa in ogni istante, pure quando si diverte a raccontare di aver avuto due relazioni contemporanee- “Ma si tratta del Paso Doble, alquanto faticoso per la verità”. Per oltre due ore ti rende partecipe ad ogni sua emozione, ad ogni suo guizzo di fantasiosa energia.
Successo trionfante con standing ovation attribuitole dalla sua città che l’ama fin da quando cantava le ballate della mala milanese. Le prossime tappe confermate del tour( si dice che sia l’ultimo, quello di commiato alla strepitosa carriera, però…) sono il 10 aprile al Teatro Goldoni di Venezia e il 14 dello stesso mese al Palazzo dei Congressi di Lugano. Ma già Milano la reclama, la replica sarà all’11 giugno al Franco Parenti ed ancora una volta previsto l’en plein. L’addio è rimandato.

Informazioni su Marisa Gorza

Marisa Gorza ha trascorso l'infanzia nell'Alto Veneto dove è nata e del quale ha sempre conservato quel che di misterioso e mistico legato alla natura e qualcosa di gaudente, caratteristico della gente veneta. Tuttavia la città di Milano, dove vive dalla lontana adolescenza, le è entrata altrettanto nel cuore. Appassionata di storia e letteratura e curiosa riguardo civiltà diverse si è laureata presso lo Iulm di Milano in Lingue e Letterature straniere. La moda è sempre rientrata tra le sue curiosità “antropologiche” e fin da ragazzina si è trovata a suo agio tra passerelle, begli abiti e la storia del costume che sta a monte di ogni creazione, solo apparentemente frivola. Certamente ama il bello nelle sue forme esteriori, ma guai se non è supportato da una bellezza dell'anima! Per un buon periodo della sua vita ha diviso la sua vita professionale tra l'insegnamento della lingua inglese (ma non chiamatela “Prof”!) e il giornalismo.
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