Emergenza Italia: il governo naviga a vista

 

L'alluvione in sardegna

L’alluvione in sardegna

Ci risiamo: l’Italia vive l’emergenza “alluvione Sardegna”, l’anno scorso era quella della Toscana e della Liguria e così via via che si scorre indietro nel tempo le cronache racconterebbero di medesimi disastri ambientali, accompagnati da perdite umane insieme a paesi e territori che vengono cancellati dalle cartine geografiche. Un Paese, il nostro, che ha fatto dell’emergenza la politica del quotidiano, incapace cioè di programmare interventi non solo riparatori ma anche di ristabilimento degli equilibri ambientali.

Così si scopre che la Regione Sardegna non aveva un piano di coordinamento per far fronte alle emergenze che richiedono l’intervento delle risorse della Protezione civile dislocate nelle diverse province e men che meno erano mai state organizzati i piani per il trasferimento o evacuazione delle popolazioni interessate dal cataclisma.

Ma il Paese, vive nella continua emergenza: nella politica, nella sanità, nella scuola, nei trasporti echi più ne ha più ne metta. Non si capisce perché ogni problematica che riguardi una determinata materia debba essere puntualmente affrontata nell’emergenza, quando invece un Paese industrializzato e moderno, come il nostro, dovrebbe poter programmare le politiche di intervento, avendole previste a suo tempo.

L’Italia è l’ottava potenza mondiale, eppure vive nell’emergenza anche per quanto riguarda la politica: non si può andare al voto per eleggere un nuovo esecutivo, altrimenti correremmo il pericolo di un default politico-economico, di dimensioni tali che si rischierebbe, appunto, il commissariamento da parte della Commissione europea.

Anche i rifiuti, in Italia, vengono gestiti a tutti i livelli amministrativi (comuni, province e regioni) come delle emergenze; laddove potrebbero diventare un’occasione di guadagno, una risorsa, come accade in altri Paesi più virtuosi e lungimiranti. Nelle pieghe dell’emergenza rifiuti, invece, in Italia ha proliferato il malaffare e lo sperpero di denaro pubblico.

A proposito di denaro pubblico: persino i voli aerei, o meglio, la gestione della Compagnia di Bandiera, l’Alitalia, un tempo fiore all’occhiello e ambasciatrice dell’industria italiana nel mondo, oggi sarebbe un miracolo se venisse acquistata da Air France, poiché il suo valore di mercato è sceso praticamente a zero. Anche qui, per insipienza e incapacità programmatica da parte del management che l’ha ridotta a ciò che è oggi: un peso, un fastidio, milioni di Euro di debiti e diverse migliaia di lavoratori da “scaricare” a qualcuno.

Il premier Letta, sempre a proposito di emergenza, ha annunciato che il governo ha varato il “piano stabilità” per l’anno 2014: partono (finalmente) le privatizzazioni che dovranno garantire alle casse dell’Italia risorse aggiuntive tra i 10 e i 12 miliardi di Euro, di cui metà per la riduzione del debito pubblico e metà per la ricapitalizzazione della Cassa Depositi e Prestiti. Tutto qui? Già, non si è saputo (o voluto) fare di meglio, visto che è sicuramente un errore pensare di ridurre il debito pubblico destinando solo una parte di risorse al risanamento, preferendo, invece, ridare ossigeno ad una Cassa Depositi e Prestiti che, nei piani degli attuali occupanti di Palazzo Chigi, dovrà assumersi l’onere (un costo che andrà anche questo sulle spalle della collettività) di sostenere un’operazione definita tecnicamente di “buyback”, che riguarda l’Eni. In pratica, la Cdp acquisterà il 3% di Eni, il che significa in soldoni che ciò che butto via dalla porta principale (la finta privatizzazione di una parte dell’Eni) rientra poi dalla finestra (l’acquisizione da parte di Cdp). Alla faccia della tanto sbandierata politica degli investimenti produttivi e del piano di dismissione del governo, per far cassa. Così non può funzionare: le plusvalenze e ciò che si ricava dalle dismissioni di quella parte di vecchi “carrozzoni governativi” (leggi ex IRI) devono andare interamente alla diminuzione del debito pubblico, oggi oramai attestato a quota 127% rispetto al Pil.

Per questa ragione, tanto per cambiare, Letta ha nominato solo qualche settimana fa, un Commissario “ad hoc” per studiare rimedi volti alla riduzione della spesa pubblica e per il buon funzionamento della macchina statale, considerata lenta, farraginosa e improduttiva. Perché occorreva nominare un Commissario per capire cosa occorrerebbe fare per tagliare la spesa, tenuto conto che nel corso degli ultimi due esecutivi erano già stati individuati, per legge, le soluzioni e nuovi regolamenti interni per dare una “raddrizzata” alla cd macchina statale. Comunque sia, il Commissario Cottarelli, nel corso di una intervista recente ha affermato che ci sono molte, troppe “auto bleu” (ma va?!) e che gli sprechi ci sono e dovranno rientrare, secondo un piano che dovrà riorganizzare l’intero apparato statale, entro due al massimo tre anni, che dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di mobilitare i dipendenti dei ministeri e l’accorpamento di alcune amministrazioni centrali. Tra queste, è allo studio l’ipotesi di unificare le Forze di Polizia, riunendole sotto un unico Ministero ed una Direzione Centrale dei servizi, attraverso la rivisitazione della Legge n.121 del 1981.

Tutto questo dibattito, tuttavia, a ben guardare non si svolge nell’alveo del normale iter legislativo, il quale vedrebbe a confronto maggioranza e opposizione, bensì attraverso un unico Commissario, il quale, invece, dovrà rispondere al Presidente del Consiglio. In regime di emergenza, come sempre.

Informazioni su Faber

Nato e cresciuto a Milano. Dopo un breve periodo trascorso in Sicilia nella provincia siracusana ha conseguito il diploma di ragioniere e perito commercialista, per poi lavorare per il Ministero della Difesa. Da un anno si è trasferito a Palermo dove si occupa di assistenza per il personale civile e militare, dipendente dal Ministero della Difesa. Per alcuni anni a Torino e in Piemonte, sempre per conto del Ministero, si è occupato del settore pubbliche relazioni. Nell'anno accademico 2009/2010 ha conseguito una laurea di primo livello in Scienze dell'Amministrazione presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Siena. Ha sempre nutrito un forte interesse per la storia europea in particolare, soprattutto sotto il profilo politico-economico e sociale.
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